Il disturbo da alimentazione incontrollata si manifesta sempre più in gran parte della popolazione: emerge spesso quando si mangiare fino alla sazietà, in poche parole abbuffandosi in modo scriteriato con un successivo “pentimento” che evidenzia l’incapacità di affrontare emozioni difficili e di uscire da questo ciclo continuo. Una trappola nella quale si può cadere spesso e che ha sicuramente forti legami con un malessere psicofisico da analizzare.
le situazioni che evidenziano tale disturbo prevedono un percorso di supporto psicologico e nutrizionale finalizzato all’interruzione degli schemi di alimentazione incontrollata e a raggiungere il benessere con equilibri da rispettare nel futuro.
Il comportamento di alimentazione incontrollata può provocare intensi sentimenti di vergogna e disgusto di sé stessi: spesso il ricorso all’abbuffata sistematica non è legato alla semplice fame ma diventa una reazione a qualche disagio e si esagera ingurgitando qualunque cosa sia disponibile, finché non ci si pente o si accusa un malessere fisico rilevante.
Uno dei primi elementi che compongo questo disturbo è sicuramente più soft: si apprende e ci sia abitua all’idea che mangiare determinati cibi prelibati dia un'ondata istantanea di piacere infondendo liberazione dallo stress o dalle emozioni difficili, dolorose e incerte che si provano. Si matura quindi la convinzione che sia il modo migliore per non affrontare un problema o addirittura per risolverlo. Ne segue però un lungo momento di disagio in cui colpa e vergogna si mischiano fino a provocare disgusto per il proprio comportamento alimentare incontrollato.
La fase successiva è già più dolorosa e forte perché chiama l’individuo a confrontarsi con il proprio aspetto fisico e quindi il peso corporeo: dal momento che è in atto un’alterazione degli equilibri, accade con una certa frequenza che si provi a evitare nuove abbuffate con digiuni forzati e ferrei che però provocano spesso crisi di astinenze (zuccheri in particolare): è il momento in cui si è in trappola e non si riesce a comprendere la gravità della situazione complessiva.
il percorso prevede una nuova educazione con focus sui cibi, analizzando quelli nocivi e offrendo un quadro razionale delle azioni quotidiane che devono confluire innanzitutto nella regolarità dei pasti e nella genuinità dei prodotti.
Gli interventi partono prendendo in considerazione due fattori: forza di volontà e dipendenza. Devono essere il motore del cambiamento. Spesso non ci si rende conto che basterebbe poco per evitare problemi poiché non ci si limita a pranzare o fare merenda normalmente ma si aggiunge sempre qualcosa o si abbonda con alcune porzioni. Tale meccanismo scatena inconsciamente la ricerca continua del cibo che, unita ai sensi di colpa e alla convinzione di non poter reagire, sfocia inevitabilmente nel mangiare di nascosto per vergogna e per evitare ogni giudizio. Un imbarazzo che diventa tossico, la dipendenza è ormai in ascesa e il mangiare compulsivo diventa abitudine: il comportamento ossessivo compulsivo del rifugiarsi nel cibo è un modo per allontanarsi dalle emozioni difficili e dolorose. Si attivano anche emozioni contrastanti, dal senso di sazietà alla frustrazione.
L'obiettivo del trattamento per l'alimentazione incontrollata è scoprire quali fattori generano il disturbo: in prima battuta si hanno interventi nutrizionali per bilanciare la chimica del sangue e del cervello e aiutare a ridurre le voglie o astinenze. A seguire si sfidano le vecchie abitudini e gli schemi alimentari inutili creando nuovi comportamenti sani. Lo step successivo consiste nello sviluppo dell'agilità emotiva in modo da poter riconoscere, sentire e gestire le emozioni senza la necessità di usare il cibo per interromperle.
Il percorso approda poi alla fase di consapevolezza: si identificano pensieri, convinzioni e supposizioni che interferiscono nell’alimentazione bloccandole con l’apprendimento delle nuove abilità per sfidarli. Diventa necessario così costruire livelli maggiori di autostima e autostima per elaborare convinzioni profonde utili a modellare la tua concezione di sé stessi, orientata anche a voler cambiare il proprio corpo in meglio. Queste azioni sono caratterizzate da una continua gestione dello stress e nella cura delle relazioni grazie all’assertività.
In funzione della tipologia e della complessità del paziente si può intervenire anche con la terapia cognitivo comportamentale (CBT): l’approccio mira a sviluppare la comprensione di come i pensieri, sentimenti e comportamenti interagiscono per mantenere il comportamento di alimentazione incontrollata.
Il percorso è sicuramente non agevole per tutti poiché gli elementi che portano al ripetersi di episodi critici possono rivelarsi complessi e necessitano di interventi mirati. Diventa importante riconoscere il problema e non isolarsi così come serve farsi aiutare e non rifiutare l’intervento altrui.
Affidarsi ad uno psicologo è sicuramente il passaggio migliore: una guida che aiuta a esplorare le difficoltà può giovare sotto molti punti di vista, in particolare se specializzato nell’ambito dei disturbi alimentari e dal mangiare compulsivo senza tralasciare il quadro generale formato da emozioni, paure, insicurezza che possono costituire terreno fertile per il Binge eating.
Il passaggio ad una consapevolezza utile al cambiamento è anche promosso da approcci quali il Mindful Eating, che permette alle persone di sviluppare un modo di nutrirsi attento ad ogni passaggio normalmente automatico, come l'assaporare, il masticare e il deglutire, oltre ad una estensione riflessiva a come il cibo stesso sia stato prodotto e sia arrivato sulla tavola.
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