Fotovideoterapia

Che cosa è?
Quando e come può funzionare?

La Foto-Videoterapia è principalmente un campo di applicazione della mediazione artistica finalizzato alla facilitazione dei processi narrativi di una persona nell'ambito di una relazione d'aiuto. Originariamente, l'interesse per la fotografia in ambito clinico nasce con la psicoanalisi che, interessata soprattutto al portato inconscio dei valori generazionali della fotografia di famiglia, comincia a portare nel setting terapeutico l'immagine fotografica come stimolo evocatore della storia passata dell'individuo.
Successivamente però, l'interesse per l'immagine fotografica, soprattutto nell'approccio gestaltico, si sposta dalla concezione della fotografia come attivatore della memoria a quella di stimolo evocativo dei processi narrativi nel qui e ora della relazione col terapeuta. La fotografia non è più solo documento storico, ma si trasforma in vero e proprio veicolo emotivo di processi relazionali, traccia, impronta di un particolare sguardo sulla realtà del cliente nel momento attuale, non contenuto cristallizzato di una storia passata.
Ecco allora che l'attenzione si sposta dal contenuto mnemonico allo stile percettivo e narrativo di un determinato evento biografico, mettendo in luce quel copione di vita che Oliviero Rossi definisce come tesi di esistenza.

Parlare di lavoro con le immagini (video e fotografiche) nella terapia significa, quindi, inserire nella relazione terapeutica oltre alla dimensione del “come se…” una dimensione “quasi percettiva” che predispone al confronto con la propria esistenza e con la modalità di condurla.
L’immagine foto/cinematografica si inserisce nel campo percettivo con la stessa evidenza di ogni altro oggetto percepibile, ma apporta all’atto del vedere anche qualcosa “di meno” (in questo caso non vengono attivate le azioni1 che un evento reale attiverebbe) e “di più” allo stesso tempo; se la persona sa che quello che sta guardando è una fotografia o un video tenderà a trattare l’immagine come indice di qualcosa di esistente o di esistito; nella misura in cui l’immagine è anche una rappresentazione narrativa ed espressivamente efficace, può diventare significativa per la persona, e attivare un vissuto molto intenso e del tutto particolare.
È su questo vissuto che poggia, all’interno della relazione terapeutica, il lavoro di ristrutturazione della mappa emotiva/cognitiva del paziente. Nel vedere l’immagine, infatti, la persona accederà a un ventaglio di risposte evocate da quello che sta guardando e dal vissuto costruito e/o ri-costruito in questo atto (se osservo, ad esempio, la fotografia di un insieme di persone che riconosco come la mia famiglia o che identifico come una famiglia, il vissuto legato a ciò che sto osservando darà forma al mio atto percettivo). Il lavoro terapeutico consiste nell’interagire con questa costruzione o nel co-costruire insieme al paziente la narrazione di vita che prende forma nella relazione.
(Oliviero Rossi)

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